Diaporama - Castello Montecuccoli

Se la data di costruzione del Castello di Guiglia si perde nella nebbia del tempo, la posizione dominante del colle sul quale sorge, nel punto in cui la valle del fiume Panaro si apre verso la pianura, fin dall’antichità territorio di confine tra popoli e culture diversi, testimonia da sola la probabile presenza di un antico insediamento.

Il primo documento che contiene un riferimento al territorio di Guilia, giurisdizione dell’Abbazia benedettina di Nonantola, risale all’anno 890, pochi anni prima dell’invasione degli Ungari e della successiva fortificazione dell’intero territorio padano intorno ad insediamenti autosufficienti e dotati di consistenti opere di difesa.

Nel corso del XIII secolo Guiglia, come la maggior parte dei territori sulla riva destra del Panaro, si trova al centro delle violente dispute confinarie tra i comuni di Modena e Bologna, ma anche dello scontro interno tra guelfi e ghibellini come tra le diverse consorterie del Frignano. Nel 1266 i guelfi assediano e distruggono il Castello di Montevallaro, tra Guiglia e Monteorsello.

Successivamente, nel giugno o luglio 1361, in circostanze mai davvero chiarite, il Castello di Guiglia viene completamente distrutto da un violento incendio, mentre infuria lo scontro tra Estensi, rientrati a Modena nel 1336, e Visconti. Prontamente ricostruito e munito di due possenti torri e ponte levatoio, viene dai Duchi d’Este ceduto in feudo a diverse famiglie, a partire da quella carpigiana dei Pio.

Nel 1630 il Duca Francesco I assegna in feudo il territorio di Guiglia a Francesco Montecuccoli-Laderchi, che in pochi anni estende i propri domini sulla maggior parte del territorio montano posto sulla riva destra del Panaro. Guiglia, nonostante le distruzioni patite nel corso della Guerra di Castro (1643), è il centro di un importante Marchesato e il Castello, gradualmente trasformato in una sontuosa dimora signorile, muta la propria funzione per divenire centro amministrativo di una vasta giurisdizione. I secoli XVII e XVIII segnano l’apice nello sviluppo del paese, che si protrae fino al 1796, anno dell’abolizione dei feudi. Nella seconda metà del ‘700 il Marchese Giuseppe Montecuccoli-Laderchi acquista il Convento e la Chiesa della Madonna del Carmine, appartenuti ai Padri Carmelitani dell’Antica Osservanza, integrandoli nell’area del Castello.

Nel corso del governo napoleonico il Castello acquista funzioni civili, divenendo sede di pretura, scuole pubbliche e uffici comunali, mentre l’unica torre rimasta diviene una prigione, utilizzata fino al 1875. Con il governo austro-estense e l’Unità d’Italia inizia un primo periodo di sostanziale abbandono dell’edificio fino all’anno 1897, quando l’ingegnere svizzero Giovanni Beusch riesce a captare l’acqua dalla sottostante sorgente dei Volti e trasforma il Castello, con pesanti lavori di ristrutturazione, in una Stazione Climatica idro-elettro-terapica (albergo termale), che rimane in funzione fino al 1914.

Dopo la sconfitta italiana a Caporetto, diversi profughi provenienti dalle zone di guerra trovano ospitalità presso il Castello, che nel 1919 viene acquistato dal Comune di Reggio Emilia e adibito a colonia montana. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, la struttura viene utilizzata dal Ministero dell’Educazione Nazionale come ricovero di opere d’arte provenienti da diverse parti d’Italia e, dal 1944, il primo piano ospita un ospedale militare tedesco.

Nel frattempo, il 13 marzo 1942, tutta l’area del Castello viene acquistata dal Comune di Guiglia per la somma di 350.000 lire, con l’obiettivo di utilizzarne il deposito di acqua per approvvigionare il Capoluogo.

Dopo aver subito qualche lieve danno nel corso dei bombardamenti alleati del 15 e 19 giugno 1945, nel secondo dopoguerra l’intero complesso viene ceduto dal Comune di Guiglia in locazione alla società “Il Conventino” per attività turistiche e ricreative. Per 22 giorni, tra maggio e giugno 1946, il Castello ospita un casinò, prontamente chiuso dal Ministero dell’Interno, con grande scoramento della comunità locale, colpita dalla miseria e dalla disoccupazione.

 

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